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FUORI delle RIGHE

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Oltre la carne, lo Spirito - Gv 6,60-69

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».



i suoi discepoli mormoravano

Per ben 15 volte nell’antico testamento si racconta del popolo d’Israele che mormora. Questo verbo, mentre descrive l’atteggiamento dell’insoddisfazione umana, è un severo giudizio sull’uomo che non riconosce l’azione di Dio e ne diventa in qualche modo ostile. Non racconta semplicemente un malumore ma una sorta di ribellione dell’uomo che non accetta la fatica e il sacrificio ma vorrebbe vedere le promesse realizzarsi subito e “tenta” Dio per provocarne una reazione imponendo la propria volontà. La mormorazione è peccato contro Dio, manifesta l’incapacità dell’uomo di fidarsi e affidarsi a Lui.
Dal mormorare dei Giudei (Gv 6,41.43) siamo passati ai discepoli mormoranti che, in continuità con la storia d’Israele, persistono ad affermare le proprie convinzioni su Dio e la Salvezza non accogliendo l’opera di Dio in atto: Questa parola è dura! Un Messia che risolve i problemi dell’uomo sfamandolo è facile da accettare, ma non un Dio che chiede l’impegno dell’accoglienza nella debolezza della carne.
È un atteggiamento anche dell’uomo moderno la cui mormorazione dopo aver espresso un giudizio su Dio raggiunge l’indifferenza. Troppo egocentrico con una tecnologia potente è l’uomo di oggi capace di cercare Dio nelle difficoltà ed emergenze e non lo riconosce nella quotidianità; cerca Gesù partendo da se stesso, non dalla sua Parola, non lo trova dove lo sta cercando perché Gesù è “oltre”.
Quello che stupisce nel vangelo è che si parli dei discepoli, non i cosiddetti lontani, ma i frequentanti; le persone più vicine possono essere, nei fatti, le più lontane. Non basta essere vicini fisicamente, non basta frequentare la Messa domenicale per lasciarsi comprenderne dalla Fede; Gesù stesso, che afferma di aver scelto i dodici, dice anche uno di voi è un diavolo (Gv 6,70).


È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla

I discepoli dopo aver ascoltato, mormoravano; non basta udire la Parola del Signore, occorrono orecchi capaci di essere in quell’“oltre” dove Gesù abita.
Se è vero che Gesù è la parola fatta carne (Gv 1,14) è anche vero che le parole che ci ha detto sono spirito e sono vita. Se la carne in cui la Parola si è calata è il paradigma della fragilità umana, quella stessa Parola, fatta comprensibile all’uomo fragile, non ha ceduto alla carne la sua forza perché appartiene allo Spirito (cfr. Gv 1,32). Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito (Gv 3,34).
Ogni sforzo umano per quanto eccelso, proprio perché appartiene alla carne, non arriva a nulla, anche gli impegni religiosi e devozionali finiscono per essere controproducenti quando giunge la stanchezza e ciò che volevamo non è stato raggiunto; allora scopriamo di aver chiacchierato da soli invece di aver cercato un dialogo col Signore, crediamo di essere a lui vicino perché assidui ai luoghi che pensavamo fossero i suoi, ma Lui è “oltre” le apparenze, le forme e gli atteggiamenti devoti; in fondo avevamo cercato solo la nostra realizzazione, la tranquillità, il riempimento dei nostri vuoti.


Signore, da chi andremo?

Sull’altra riva del lago la folla che aveva seguito Gesù e che era stata sfamata contava circa cinquemila uomini (Gv 6,10), a Cafarnao la Parola del Signore allontana la folla, anche i discepoli si dileguano, rimangono solo i dodici, anche loro pieni di dubbi incapaci di leggere in profondità ciò che Gesù stava dicendo. Gesù non sembra che cerchi di spiegarsi meglio o di semplificare il messaggio, lascia che ciascuno faccia la sua strada dietro le proprie convinzioni, anche ai dodici domanda Volete andarvene anche voi? Davanti alla facilità del pane tutti si muovono per l’interesse, quando si chiede il coinvolgimento della vita si fa il vuoto; si possono riempire le chiese la domenica ma è nelle scelte quotidiane di carità, accoglienza, sacrificio, condivisione che si misura il discepolo di Cristo. La Parola del Signore non sazia come il pane, anzi espone all’ebrezza dello Spirito, al bisogno incontenibile di farsi dono, ci immette “oltre” la quotidianità della storia: Tu hai parole di vita eterna.