| L’opera più grande - Gv 14,1-1 | 
        
            | + Dal Vangelo secondo GiovanniIn  quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore.  Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi  sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”?  Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò  con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado,  conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come  possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la  vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me,  conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli  disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da  tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me,  ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io  sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me  stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io  sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.  In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere  che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».
 
 
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          | Abbiate fede in Dio e abbiate  fede anche in me. | Sono parole accorate che esprimono  la preoccupazione del Signore per la fatica che i discepoli dovranno affrontare  quando tornerà al Padre. La "solitudine" da Lui, il senso  dell’abbandono ha proprio nella fede e nella vita nuova che ne scaturisce, il  suo risvolto positivo.La fede non è né  una alienazione né una truffa, ma è un cammino concreto di bellezza e di  verità, tracciato da Gesù, per preparare i nostri occhi a fissare senza  occhiali «il volto meraviglioso di Dio» nel posto definitivo che è preparato  per ciascuno (dall’omelia di Papa Francesco 26/4/13 su Osservatore Romano).
 Spesso ci lasciamo travolgere dalla tristezza, dalla perdita di  fiducia, dalla stanchezza della vita; fuggire dalla realtà non ha senso,  abbiamo bisogno di affidarci a chi è altro da noi. La Fede è l’intuizione e l’esperienza  di sentirsi accolti da Dio che si rende misteriosamente presente col suo amore  misericordioso. Il suo abbraccio rafforza lo spirito, induce a mitezza, muove  all’altro, sollecita ad aprirsi.
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          | Io sono la via, la verità e la  vita  | In questa  affermazione Gesù unisce e raccorda  tre  termini che non sembrano avere niente in comune, almeno nel modo di ragionare  dell’uomo. Tra i tre termini possiamo trovare relazioni, interdipendenze, logiche  consequenziali, ma in Cristo sono espresse in una unità inscindibile! Non è  un’auto definizione che Gesù ci dà di se stesso, quanto l’indicazione di un mistero,  un progetto di umanità, il coinvolgimento dell’uomo nelle relazioni con Lui.  Sono le dimensioni della comunione con il Signore, Maestro e Pastore, la  comunione della sua e della nostra storia … il mistero stesso della Pasqua.Possiamo  relazionarci col Maestro, ma non basta, con il Signore e il Pastore, ma ogni  volta non è sufficiente perché ci è chiesto il coinvolgimento totale della  nostra persona con la sua: “io sono nel  Padre mio e voi in me e io in voi” (Gv 14,20).
 Gesù non è un  esempio da imitare, una indicazione per la vita spirituale, una filosofia di  vita o una somma teologica, ma trasformazione totale della nostra esistenza.
 I discepoli “non sono i più bravi, i più religiosi o i più morali.  Sono semplicemente quelli che rimangono presso di Lui e in Lui. Il  cristianesimo è sempre così: innanzitutto un incontro, occasione data,  assolutamente gratuita. Lo stupore e l’attrattiva dell’incontro stesso  sollecitano la libertà a rimanere, a starci a quell’incontro” (p.Ignace de la Potterie).
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          | Da tanto tempo sono con voi e  tu non mi hai conosciuto, Filippo?  | Filippo non è  diverso dagli altri apostoli e discepoli, lo capiremo nel momento in cui  lasceranno il Signore solo. Filippo non conosce perché non ha visto, vedere e  conoscere sono la stessa cosa. C’è la necessità di  dividere due visioni diverse del medesimo Cristo per poi riunificarle in un  unico evento: la Pasqua.
 Qui vedere Cristo è  vedere il Padre: Gesù chiede di essere  visto come il luogo santo dove  Dio si manifesta, la casa dalle  molteplici dimore in cui Dio  stesso abita, l’abitazione di Dio tra gli uomini.
 “E il  Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo  contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal  Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14).
 C’è un’altra visione  che manifesta la stessa gloria e che incombe davanti agli occhi dei discepoli: “Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è  diventata la pietra d'angolo” (At  4,11).
 Nella passione e  nella crocifissione si manifesta la totale condivisione di Dio con la nostra  umanità ad iniziare dall’umanità scartata.
 Non si tratta più  semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di  qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza  alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi,  nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono  “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi” (EG 53).
 Vedere Cristo è anche  vedere questa umanità scartata chiamata a divenire muro portante della costruzione,  sia essa la Chiesa o la società; senza questa visione non riusciremo a “conoscere”  né il Figlio né il Padre, neppure contemplare la sua gloria.
 Ecco l’opera del  Signore e quella più grande a cui siamo chiamati.
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